Arkadi Zaides


1979

Bielorussia [nel 1990 emigra in Israele] – attualmente vive in Francia.

Formazione

Masters degree in DAS-Choreography alla AHK- Academy of Theater and Dance ad Amsterdam.

Settori di interesse

Teatro, danza, [musica, scultura, arti visive, video]

Periodo di Attività

Dal 1990 –ad oggi [dal 2004 lavora come libero professionista].

Collaboratori più frequenti

Itay Weiser (collaborazione artistica e luci)
Sharon Zuckerman Weiser (collaborazione artistica)
Anat Cederbaum (produzione e collaborazione artistica)
Tom Tlalim (musica)
Ofir Yudilevitch (performance e collaboratore artistica)
Thalie Lurault (luci)
Simge Gücük (produzione e collaborazione artistica)

Opere principali

A Way (2004)
Solo siento (2005)
Adamdam (2006)
Meeting Brian Wash (2008)
Solo colores (2009)
Quiet (2011)
Land research (2012)
Moves without borders (2012)
A response to Big Deep (2013)
Capture practice (2014)
Archive (2014)
Infini#i (2015)
Violence of inscriptions (2016)
The cloud (2018)
Talos (2020)
Necropolis (2021)

Opere presentate in Italia

Solo siento (30 Agosto 2006, Bassano del Grappa)
Adamdam (23 Agosto 2007, Bassano del Grappa)
Archive (11-12 luglio 2015, Santarcangelo di Romagna, 22 settembre 2015, Terni Festival, 19 marzo 2016 CSS di Udine)
Capture practice (videoinstallazione, 10-19 luglio 2015, Santarcangelo di Romagna)
Talos (5 Settembre 2020, Rovereto; [20-21 Ottobre 2021, Roma])
Necropolis (25 Maggio 2021, Milano)

Temi trattati negli spettacoli

La ricerca artistica di Arkadi Zaides trova nel corpo in movimento la forma di comunicazione più autentica ed espressiva dei pensieri e dei sentimenti sia dell’artista, sia di piccole e grandi comunità.

In opere come A way, Solo siento e A response to Big Deep il corpo manifesta a pieno l’emozione dell’artista e la sua fenomenologia creativa, attraverso il gesto spogliato della propria funzione narrativa. In questa prospettiva, tanto il corpo nella sua fisicità, quanto il movimento nella sua dimensione cinetica diventano grandi portatori di senso, in grado di dialogare anche con altre forme artistiche e materiche, come la scultura (Solo colores).

Come le statue e i corpi, così le idee e gli uomini possono essere plasmati, controllati, usati e abusati (Adamdam; Meeting Brian Wash); lo strumento più immediato per tali forme di manipolazione è la violenza, che viene indagata e messa in scena dall’artista in ogni sua forma, in rappresentazioni quali: Archive; Capture practice; Violence of iscriptions.

In un teatro che diventa, quindi, sempre più militante, Arkadi Zaides guarda ai grandi drammi contemporanei israeliani (Quiet; Land research; The cloud) e europei (Infini#i;Talos; Necropolis), cercando di tradurre il linguaggio del dolore e della violenza, nel linguaggio del corpo e della performance artistica

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